Per anni, a chi si occupa di marketing è stato promesso che tecnologie come la pubblicità programmatica avrebbero consentito di usufruire di nuove efficienze, lasciando loro maggior tempo a disposizione da dedicare ad attività più creative. E questa promessa si sta trasformando in realtà, grazie al team di Michael Bailey, Digital Media Director di Google. Ecco il suo racconto.
Nel 1930, l'economista John Maynard Keynes fece un'audace previsione sul futuro: grazie ai progressi tecnologici e ai conseguenti aumenti di produttività, lavoreremo tutti 15 ore a settimana. In realtà, a quasi 90 anni di distanza, in media un americano sta lavorando più del doppio di quelle ore.
Chi come noi lavora nel marketing lo sa bene. Per anni, ci è stato detto che le tecnologie di automazione del settore - come quella della pubblicità programmatica - ci avrebbero permesso di usufruire di maggior efficienza e tempo da dedicare ad attività più creative. Una visione che deve ancora materializzarsi.
Così, poco tempo fa, io e i miei colleghi del Google Media Lab, il team che gestisce la strategia di comunicazione per le campagne pubblicitarie di Google, abbiamo studiato e iniziato a mettere in atto un piano che a nostro avviso renderà reale e concreta questa aspettativa.
1. Individuare i dati che consentono di prevedere i risultati
Se c'è una cosa importante da ricordare quando si parla di un futuro automatizzato è il concetto secondo il quale la qualità delle macchine dipende solo dai dati che forniamo loro.
La qualità delle macchine dipende solo dai dati che forniamo loro.
Per chi lavora nel marketing, ciò può risultare difficile. Dopo tutto, l'obiettivo di marketing dei brand è quello di aumentare la percezione positiva che i consumatori hanno dell'azienda o del prodotto. Quali dati in tempo reale potrebbero aiutare a misurare un parametro tanto vago? Ecco la domanda alla quale cerchiamo di rispondere ogni volta in cui ci troviamo a implementare creatività ed elementi multimediali per le nostre campagne.
Nello specifico, per quanto riguarda l’ideazione, abbiamo adottato un approccio strutturato all'apprendimento: prendiamo le creatività dalle campagne, sviluppiamo una serie di ipotesi e quindi produciamo diversi annunci, per isolare le variabili che risultano chiave di rendimento prima di testarle in laboratorio. Il team che si occupa di questo non è coinvolto nelle campagne quotidiane, dunque siamo completamente concentrati sul compito prefissato. Se vediamo risultati coerenti, li classifichiamo come miglior pratiche per le creatività, dopodiché li diffondiamo a livello aziendale.
E abbiamo adottato un approccio simile con le nostre campagne multimediali. Ad esempio, un paio di anni fa, abbiamo mappato tutte le tipologie di variabili che a nostro avviso potevano aumentare l'efficacia di un annuncio: dalla percentuale di completamento del video alla presenza di audio, fino alla visibilità. E poiché la misurazione delle campagne del nostro brand avviene impressione per impressione, siamo riusciti a testare l'efficacia di ciascuna variante.
È emerso che molti dei parametri per i quali avevamo effettuato l'ottimizzazione, come il completamento del video, non erano predittivi riguardo l'impatto del brand. Abbiamo scoperto che, quando un annuncio era sia udibile che visibile al completamento, si verificava un aumento statisticamente significativo della brand awareness: un dato importante che ha permesso di prevedere i risultati auspicati.
2. Ottimizzare in base ai dati raccolti
Ma a che cosa servono tutti questi dati se non vengono utilizzati ai fini dell'ottimizzazione? Ecco perché, anziché affidarci a soluzioni di ottimizzazione pronte all'uso, ricorriamo sempre più a strumenti di automazione del marketing come l'algoritmo personalizzato di Google Marketing Platform. Qui i professionisti del marketing possono inserire dati proprietari, permettendo allo strumento di avvalersi del machine learning per ottimizzare le campagne in base ai parametri impostati.
I risultati finora sono stati promettenti. Ad esempio, nelle recenti campagne per Pixel e l'Assistente Google, abbiamo personalizzato il nostro algoritmo di ottimizzazione in base ai dati circa i segnali predittivi raccolti da oltre 300 campagne precedenti, per poi metterlo a confronto con strumenti di ottimizzazione pronti all'uso così da verificare qual era il più efficace. In questo modo, abbiamo scoperto che il nostro algoritmo personalizzato ha aumentato sensibilmente la brand awareness.
3. Creare modelli scalabili
La bellezza del marketing digitale è la facilità con cui consente di essere contestualmente pertinenti. A differenza della televisione, che richiede un approccio adatto a tutte le situazioni, il digitale ci permette di utilizzare un modello di creatività capace di incorporare tutte le migliori pratiche già identificate, e adattarlo poi a centinaia, se non a migliaia, di casi d'uso. Quest’ultimi coprono momenti e contesti imprevisti, per i quali aggiorniamo in modo dinamico gli annunci in base alla località, alle previsioni del tempo o persino ai punteggi sportivi; o momenti previsti, per i quali abbiamo scenari predefiniti.
La bellezza del marketing digitale è la facilità con cui consente di essere contestualmente pertinenti.
Ad esempio, per il lancio di Google Home Mini, abbiamo effettuato ciò che chiamiamo un esercizio di mappatura dei momenti. Significa che abbiamo definito tutti i momenti di breve e lunga durata in cui pensavamo che il nostro prodotto potesse essere utile, dagli eventi sportivi come le World Series alle festività come il Giorno del Ringraziamento, ai brevi momenti quotidiani come il redigere la lista della spesa. Successivamente, abbiamo adattato il nostro modello a ciascuno di questi casi e utilizzato la tecnologia programmatica per mostrare l'annuncio giusto alla persona giusta al momento giusto. Un esempio: se un utente era alla ricerca di una ricetta per il tacchino, potevamo mostrargli un annuncio contestuale e pertinente. Grazie a questa strategia di marketing automatizzata, siamo riusciti a bilanciare creatività dinamica e scalabilità, generando più di 1,5 miliardi di impressioni, con un aumento del 6% in termini di awareness e del 5% in termini di considerazione.
4. Utilizzare il tempo extra ricavato per andare oltre gli annunci
Fin qui, abbiamo parlato molto del ruolo degli algoritmi, dei dati, del machine learning e dell'intelligenza artificiale. Ma c'è un ruolo che l'uomo può ricoprire in un futuro automatizzato? Sì. In effetti, seguendo il percorso illustrato, le persone hanno maggior tempo a disposizione da dedicare ad attività creative più interessanti, ovvero operazioni su misura che non possono essere costrette in un modello.
Per il lancio di Pixel 2, abbiamo collaborato con il Guardian a una campagna che ha coinvolto influencer con contenuti brandizzati, generando così non solo scalpore, ma anche risultati aziendali reali, tra cui un aumento del 40% dell'intenzione di acquisto e un incremento del 76% delle persone che descrivono lo smartphone come "di prim'ordine".
Ma questo tipo di lavoro creativo è possibile solo se vengono smantellati i processi che si seguono da tempo e che sono stati creati per la metodologia di lavoro precedente. Ciò si riflette sul modo in cui scegliamo le persone per i nostri team, aggiungendo più talenti creativi. Infatti, solo nell'ultimo anno, il numero di talenti in Google Media Lab e nelle agenzie creative di supporto è aumentato di cinque volte.
Dunque, abbiamo anche cambiato i nostri processi. Per la campagna Pixel 2, ad esempio, abbiamo suddiviso in due fasi quello che normalmente è un solo processo, ciascuna con tempi e budget propri. Alla prima fase, che includeva tutto il lavoro sui modelli automatizzati, abbiamo dedicato il 20% del tempo e il 90% della spesa. Alla seconda fase, invece, costituita da tutti gli elementi personalizzati della campagna, abbiamo destinato l'80% del tempo e il 10% della spesa. Organizzando i nostri team e configurando i nostri processi in base ai risultati che vogliamo ottenere, abbiamo maggiori probabilità di raggiungerli.
Prepararsi per un futuro di automazione del marketing
L'idea che un giorno potremmo lavorare 15 ore a settimana sembra ancora inverosimile. Ma seguendo questi quattro passaggi, siamo fiduciosi di poter mantenere la seconda promessa: maggiore automazione per usufruire di nuove efficienze, maggiore tempo a disposizione per concentrarsi su nuove attività più stimolanti.