Che si tratti di staccare la spina dal trantran quotidiano o di scoprire nuove culture, viaggiare può essere un'esperienza rigenerante e stimolante. Ma per molte persone LGBTQ+, il viaggio è accompagnato da uno stress di fondo.
Sia nella fase di pianificazione che durante il viaggio stesso, questi viaggiatori possono sentirsi obbligati a nascondere la propria autenticità. Anche i tradizionali touchpoint della prenotazione, come la fase di ricerca o il check-in presso l'alloggio prescelto (che dovrebbero far parte del divertimento) diventano una fonte di ansia.
Amon Versteeg, Senior Director of Business Marketing di Booking.com, conosce bene il problema per esperienza personale. Per questo motivo ha lavorato a stretto contatto con il suo team per introdurre il programma Travel Proud, che contribuisce a rendere il viaggio un'esperienza più sicura e divertente per la comunità LGBTQ+.
Perché i viaggiatori LGBTQ+ devono spesso adottare una "mentalità da detective"
Considerato che l'ospitalità viene definita come "l'accoglienza amichevole e generosa e l'intrattenimento di ospiti, visitatori o estranei", il sentirsi accolti costituisce una componente intrinseca dell'esperienza del cliente. Quando si tratta di offrire un'ospitalità all'insegna dell'inclusione, il mantra di Booking.com è "non puoi veramente fare esperienza del mondo se riveli il tuo vero essere solo a metà".
Questo aspetto sottolinea l'idea dietro la nascita di Travel Proud, un'iniziativa di formazione e certificazione per il settore dell'ospitalità che si ripropone di garantire che i membri della comunità LGBTQ+ possano viaggiare in sicurezza e provare pienamente la gioia del viaggio, a prescindere da chi amano o da come si definiscono.
"La comunità LGBTQ+ non è abituata a essere se stessa al 100%. Nel corso del tempo e della storia, abbiamo imparato a sopprimere una parte della nostra identità", spiega Versteeg.
Ciò significa che le persone LGBTQ+ tendono a viaggiare adottando quella che Versteeg descrive come una "mentalità da detective": sono costantemente alla ricerca di indizi da cui dedurre se sono veramente benvenute nella destinazione prescelta, anche se è dichiarata inclusiva.
Il momento della verità per Versteeg è arrivato mentre pianificava un safari con gli amici e ha trovato un sito di ecoturismo eccezionale. Ha controllato un elenco di alloggi LGBTQ+ friendly, ha trovato una sistemazione su quella pagina e lo ha detto con entusiasmo agli amici.
"Poiché uno dei miei amici non capiva perché questo aspetto fosse così importante, gli ho spiegato che non volevo arrivare a metà del safari e scoprire che il fatto che viaggiassi con mio marito avrebbe creato dei problemi. Il mio amico ha poi aggiunto che, in questo caso, bastava dicessimo che eravamo fratelli".
“È stato in quel momento che mi sono reso conto che non a tutti viene spontaneo porsi questo problema. È una considerazione che ancora mi fa adottare la giusta prospettiva".
Un'opportunità di mostrare che aspetto ha l'accoglienza
Per comprendere meglio le esigenze dei viaggiatori LGBTQ+, Booking.com ha condotto un sondaggio per valutare le esperienze vissute dalla comunità. L'indagine conoscitiva ha rivelato che più della metà delle persone LGBTQ+ ha avuto un'esperienza di viaggio tutt'altro che all'insegna dell'accoglienza.
I risultati includono situazioni che magari non sono intenzionali, ma possono far sentire le persone sgradite o stressate durante le vacanze. Ad esempio, secondo il 20% degli intervistati, il personale riteneva che gli ospiti avessero bisogno di stanze o letti separati anche se facevano il check-in in coppia, mentre 1 su 5 ha sentito il bisogno di adattare il suo comportamento (e il 16% di modificare il suo aspetto) per evitare giudizi o interazioni imbarazzanti con il personale o i proprietari della struttura.
Il team di Versteeg ha anche identificato parole chiave e sentimenti emersi da ogni touchpoint durante il viaggio. Ad esempio, la ricerca di dove alloggiare, il processo effettivo di prenotazione (ad es. capire se la pagina di prenotazione della struttura utilizza solo termini binari o connotati in base al genere), l'arrivo presso la struttura e l'esperienza durante il soggiorno.
I risultati sono stati sorprendenti. "Una parola emersa più volte durante il percorso, dalla ricerca fino al check-in presso la struttura, è stata 'cautela'. Ben presto è risultato chiaro che 'sicuro' significa 'buono', mentre l'emozione alla fine del viaggio è di 'sollievo'", prosegue Versteeg.
"Ad esempio, quando una persona della nostra comunità trans effettua il check-in in una struttura e fornisce un documento d'identità che riporta un genere diverso da quello che il suo aspetto farebbe supporre, si tratta di un momento di importanza enorme", spiega Versteeg. "Per le aziende è un'opportunità di dimostrare davvero come sanno accogliere gli ospiti, che si tratti di evitare i pronomi di genere o di sapere che va bene chiedere all'ospite che cosa preferisce. L'impatto può essere enorme".
Travel Proud cerca di affrontare questo problema. I proprietari di strutture che ospitano su Booking.com ricevono coaching da Hospitable Me, azienda specializzata in formazione sulla diversità e sull'inclusione per il settore dell'ospitalità. La formazione si incentra su come rendere la proprietà più inclusiva e accogliente per i viaggiatori LGBTQ+, oltre a fornire strumenti per aumentare la consapevolezza e la comprensione. A sua volta, la struttura sarà messa in evidenza come destinazione inclusiva sul sito di Booking.com.
Aiutiamo la comunità LGBTQ+ a viaggiare con orgoglio grazie a Travel Proud
Oltre a sottolineare il numero di adesioni (oltre 10.000), Versteeg nota come sia rimasto piacevolmente sorpreso dalla diversità delle strutture ora incluse nel programma Travel Proud, dalle piccole destinazioni rurali alle realtà decisamente più grandi: "In breve tempo abbiamo già superato le 10.000 strutture, raggiungendo lo standard Proud Certified nei nostri mercati chiave".
Travel Proud costituisce una parte fondamentale del lavoro di Booking.com, cioè offrire esperienze più autentiche ai viaggiatori. Per le persone LGBTQ+ in particolare, Versteeg sostiene la necessità di mettere in discussione il significato di "un bel viaggio". "In ultima analisi, una bella esperienza dovrebbe essere molto più che sicura. Quando valutiamo il nostro operato, ci chiediamo 'L'abbiamo fatto per tutti?'".
Alle altre aziende che intendono fare progressi simili in termini di diversità, equità e inclusione (DEI), Versteeg consiglia di iniziare in piccolo: "È bene innanzitutto capire quale obiettivo farebbe la differenza in un'organizzazione, e poi suddividere il percorso in tante piccole tappe. Va considerato come un viaggio continuo piuttosto che come una destinazione”.