Michael Todd è Head of Advertising Industry Relations EMEA in Google. Il suo team lavora con i principali enti commerciali, associazioni di categoria e industry leader per promuovere una crescita sostenibile, mantenere la fiducia dei consumatori e risolvere le sfide dell'industria pubblicitaria.
La pandemia di coronavirus e le misure di distanziamento sociale messe in atto per combatterlo hanno avuto un impatto profondo sull'economia mondiale, sugli eventi e sul settore dei media. In che modo le agenzie pubblicitarie e le aziende che si occupano di comunicazione stanno affrontando questa crisi e come possono adattarsi a un mondo post-pandemia?
Abbiamo chiesto ad esperti in tutta Europa di condividere il loro punto di vista e consigli per affrontare questi tempi difficili.
1. Riportare in primo piano il fattore umano
Con l’aumento di quelle televisive per effetto del lockdown, ma anche con l’espansione straordinaria del consumo di contenuti digitali, ci siamo trovati di fronte ad una trasformazione delle audience. Gli investimenti pubblicitari, invece, hanno subito importanti contrazioni: molte campagne sono state cancellate, altre ripensate radicalmente per un futuro riposizionamento, ancora incerto.
L’emergenza ha rimesso le emozioni autentiche al centro delle nostre conversazioni, portando nuovamente in primo piano il fattore umano e il senso di appartenenza a una comunità. Elementi che dovranno ispirare il nostro modo di comunicare anche per ricostruire la fiducia nel futuro e aiutare il nostro paese a ripartire. Ci sarà bisogno di tornare a valorizzare i brand e la loro capacità di restare in contatto empatico e valoriale con i propri consumatori.
2. Assisteremo ad un "rinascimento della comunicazione"
Il tono di voce è il più grande cambiamento osservabile: la frivolezza è bandita, o quasi. L’ironia molto censurata. La risata non cercata.
Vale la pena menzionare la campagna di FCA (Leo Burnett) che celebra le strade vuote come un buon esempio di campagne di equity. Così come quella di Heineken (Publicis Italy) che celebra le “nuove” relazioni sociali; o quella di Skoda Italia (The Big Now), che racconta di un nuovo concetto di viaggio, in attesa di tornare a muoversi nel mondo.
Tra le agenzie c’è un grande spirito di collaborazione, condivisione e supporto reciproco. C’è la voglia di aiutare i clienti ad affrontare un periodo che presenta complessità inedite e la capacità di trovare soluzioni alternative (pensiamo alla produzione video, agli eventi che diventano digitali, alle strategie e i contenuti che vanno riadattati in tempi rapidissimi).
Le agenzie e i clienti stanno imparando a parlarsi più seriamente, più in profondità, a condividere di più, a considerarsi partner, a rispettarsi reciprocamente. E questa sarà la chiave di quello che io mi aspetto possa essere un “rinascimento della comunicazione”: non solo una ripresa degli investimenti e una rinnovata spinta creativa, ma una nuova coscienza collettiva, una nuova cultura, un ritorno al valore vero.
3. Supportare l'ecosistema adv
Trovo che la risposta della mondo pubblicitario al coronavirus sia stata estremamente interessante. Questa pandemia rappresenta la sfida più grande che io abbia mai visto affrontare dal nostro settore in tutta la mia carriera e le sue ripercussioni sono forti
e profonde in termini di posti di lavoro, mezzi di sostentamento e cambiamento radicale nel comportamento dei consumatori. Nonostante questo, abbiamo visto innumerevoli esempi di una pubblicità che riesce ancora a creare un contatto emotivo e potente con il pubblico, grazie ai punti di forza del settore: la creatività, lo spirito imprenditoriale e la pura aspirazione a produrre lavori brillanti.
Stiamo imparando come fare pubblicità strada facendo, ma sappiamo anche che la pubblicità è un motore cruciale dell'economia e che il nostro settore svolgerà un ruolo centrale nella ripresa economica e sociale. Per il momento, abbiamo bisogno di imparare gli uni dagli altri per individuare cosa funziona e cosa no; inoltre, dobbiamo valutare in che modo possiamo sostenere l'ecosistema pubblicitario per assicurare la sopravvivenza di tutti i suoi componenti.
4. Dedicarsi a strategie "a prova di futuro"
Quando parliamo della pandemia di coronavirus, è indubbio che ci troviamo di fronte a qualcosa senza precedenti. La pressione derivante da una situazione come questa ha prodotto alcuni interessanti cambiamenti. I clienti sono più disposti a provare le novità, soprattutto per quanto riguarda soluzioni tecniche che consentono di utilizzare nuove strategie, come le offerte basate sui profitti o l'ottimizzazione di questi ultimi.
Nel marketing non si dovrebbe mai tirare a indovinare. Avendo a disposizione funzionalità avanzate in termini di modelli, diventa più facile capire che cosa favorisce l'aumento delle entrate di un'azienda: è il prodotto, il mezzo o il brand? Prendiamo ad esempio l'attribuzione: come si fa a ottimizzare se non si sa dove ridurre la spesa? Senza la possibilità di utilizzare efficaci modelli di attribuzione, le aziende rischiano di brancolare nel buio al momento di prendere le decisioni, specialmente in una situazione come questa in cui è necessaria la massima chiarezza.
In generale, il coronavirus ci sta insegnando che non possiamo permetterci di rilassarci nei periodi migliori. Le aziende devono concentrarsi sul lungo termine e dedicarsi allo studio di strategie "a prova di futuro".
5. Ripensare la cultura aziendale
L'emergenza causata dal coronavirus rappresenta una svolta. Per adattarsi alle attuali esigenze di distanziamento sociale, anche i brand più riluttanti sulla trasformazione digitale, ora agiscono con rapidità ed efficienza. Uno degli esempi migliori è Biedronka, la principale catena di supermercati della Polonia. L'azienda ha avviato una collaborazione con Glovo, un servizio di corriere su richiesta che consente ai consumatori di acquistare i prodotti online e ritirarli in determinati negozi di dieci città.
Da un po' di tempo viviamo in una condizione di volatilità, incertezza, complessità e ambiguità, che indichiamo in inglese con l'acronimo "VUCA". Alcune aziende ne sono perfettamente consapevoli e hanno validi responsabili che riconfigurano in modo proattivo le proprie organizzazioni. Per loro, la pandemia di coronavirus non è altro che una nuova ondata della “tempesta perfetta”. Anche la più innovativa delle strategie di marketing non potrà mai essere realizzata se non è sostenuta da un'adeguata cultura aziendale. L'emergenza coronavirus rappresenta il momento ideale per riconsiderare la cultura della propria azienda.